Nell’arco di dodici ore ho incrociato centinaia di sguardi, assecondando richieste semplici e complesse. Ho rassicurato i dubbiosi e ho riso con gli spiriti affini - anche se solo per una manciata di secondi. Il magma di persone era inarrestabile: non c’era il tempo di perdersi in ciacole (veneto per chiaccherare), non c’era il tempo di perdersi nei pensieri, non c ‘era il tempo di perdersi, punto. In un flusso continuo di attimi, minuti e poi ore, scivolando sulla superficie del tempo, ho fatto il cassiere.
Una famiglia si avvicina alla cassa per ordinare il pranzo, i bambini parlottano tra loro escogitando chissà quale piano, le altre persone in coda conversano e si guardano intorno. La musica ci raggiunge come il mare che si adagia sul bagnasciuga per poi ritirarsi. È facile servirli.
Le voci rimbalzano intorno a me, sono allegre, confuse e chiassose. Il pranzo scivola verso il basso nella lista delle necessità. Ora fioccano amari, caffè e luccicano sullo sfondo le prime avvisaglie di un’onda che presto ci travolgerà: è fatta di Gin Tonic, Gin Lemon, Moscow Mule, London Mule, Negroni, Vodka Lemon, Vodka Tonic, Americano, poi parole biascicate, sguardi sospesi, risate sonanti e sorrisi aperti.
L’energia che fluisce dal mio sguardo a quello di chi ho davanti è palpabile. Accolgo tutti con un sorriso e un vibrante e basilare saluto: “ciao, dimmi pure”. Interagisco con sguardi quieti e inquieti, pazienti e sulle spine, stanchi, annoiati, rilassati e ridenti. E’ facile servirli.
E’ facile, ma non semplice. Accogliere significa ergersi al di sopra del giudizio, accettando stati d’animo, insiste, richieste strampalate: “mi regali il cappello?” che io nemmeno indossavo; “ce la dai tu la pizza?” come se nascondessi margherite e diavole dentro la cassa. Oppure aiutare un ragazzo a raggiungere le sue agognate olive ascolane, spostandolo dalla fila fatta per venticinque minuti davanti al bancone che serve solo panini.
Per accogliere le persone basta decidere cosa mettere a fuoco: bisogni assillanti, lamentele insistenti, risate sguaiate, urla e schiamazzi a due centimetri dal viso oppure mettere a fuoco il loro sguardo, ascoltare le loro parole, donando loro la nostra attenzione già spogliata di ogni giudizio. Pochi attimi di attenzione sono un lasso di tempo molto intenso e generano rispetto e gratitudine.
Decidere cosa mettere a fuoco cambia la realtà e il significato di ciò che stiamo vivendo.
Lo stimolo fotografico di oggi si concentra sulla messa a fuoco. Il focus selettivo ci permette di raccontare attraverso una scelta, decidendo cosa mostrare in nitidezza e cosa lasciare sfocato.
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